Un difensore che giocava con i calzettoni abbassati sulle caviglie, senza parastinchi, mostrando una sicurezza quasi sfrontata. Questo era Sandro Salvadore, soprannominato ‘Old Billy’ in onore del centromediano inglese Billy Wright. Una figura quasi cinematografica, un cowboy prestato al calcio che ha scritto pagine fondamentali della storia della Juventus, diventandone capitano e simbolo di un’intera epoca. Il suo carisma e la sua forza tranquilla lo hanno reso un punto di riferimento per compagni e avversari, un leader silenzioso il cui ricordo è ancora vivo nel cuore del popolo bianconero.
Un leader nato, dalla personalità unica
Salvadore non era un giocatore come gli altri. Il suo stile, con le maniche rimboccate e l’atteggiamento impavido, incuteva rispetto. I compagni di squadra, soprattutto i più giovani, lo vedevano come un pilastro, una presenza che infondeva sicurezza e tranquillità. La sua leadership non si esprimeva a parole, ma con i fatti: un contributo costante di esperienza e solidità difensiva. Nato nel milanese e cresciuto calcisticamente nel Milan, il suo passaggio alla Juventus fu segnato da un celebre dualismo con Cesare Maldini. La dirigenza rossonera giustificò la sua cessione con una metafora, affermando di aver scambiato ‘un paio di pantaloni’ per ‘una giacca’. La risposta di Salvadore, arguta e diretta, rivelò fin da subito il suo carattere: ‘Il ragionamento funzionerebbe, se non fosse che si è tenuto i pantaloni vecchi’.
Le sfide e i trionfi in bianconero
L’arrivo a Torino non fu privo di difficoltà. Inizialmente dovette adattarsi a schemi tattici che non esaltavano le sue qualità, come il 4-2-4 di Amaral, e visse un rapporto conflittuale con l’allenatore Heriberto Herrera, che lo mise persino fuori squadra per una divergenza tattica. Nonostante ciò, la sua importanza era tale da essere titolare inamovibile nella Nazionale di Fabbri. La sua tenacia fu premiata con la vittoria del suo primo scudetto in bianconero nel 1967, al termine di un’incredibile rimonta sull’Inter. Quel successo fu il preludio a un altro grande trionfo, la vittoria del Campionato Europeo del 1968 con l’Italia, un’esperienza che lui stesso definì ‘una notte magica’. Diventato capitano della Juventus, guidò la squadra con autorevolezza, sfiorando un altro scudetto in un duello memorabile con il Cagliari di Gigi Riva.
Il ricordo indelebile dei compagni
L’impatto di Salvadore alla Juventus non si limitò ai successi sul campo. Le parole dei suoi ex compagni ne dipingono un ritratto umano di grande spessore. Pietro Anastasi lo ha definito ‘un punto di riferimento’, una persona speciale che ‘non voleva mai perdere’. Per Roberto Bettega, ‘Billy’ è stato ‘un maestro’, un campione straordinario e versatile. Franco Causio, suo compagno di stanza, ha sottolineato l’aiuto ricevuto da giovane, descrivendolo come una figura fondamentale per la sua crescita. Anche Beppe Furino e Francesco Morini hanno evidenziato il suo ruolo di guida per i nuovi arrivati, un ‘serbatoio inesauribile di consigli’ e un difensore con ‘la classe di un centrocampista’. Un’eredità, la sua, raccolta da un altro gigante come Gaetano Scirea, a testimonianza di un’impronta che è andata ben oltre il rettangolo di gioco.




