Dal palco del Social Football Summit, evento tenutosi all’Allianz Stadium, sono emerse importanti riflessioni sul mondo del calcio che vanno oltre il rettangolo di gioco. Protagonista di una profonda intervista è stato il portiere della Juventus, Mattia Perin, che ha condiviso dettagli intimi del suo percorso di crescita personale e professionale, sottolineando il ruolo cruciale del supporto psicologico offerto dal club.
Perin e la salute mentale
Mattia Perin ha rivelato di aver attraversato un periodo estremamente delicato, segnato da numerosi infortuni che lo avevano portato a considerare l’addio al calcio: “Ho capito quanto possa essere importante l’aspetto mentale non solo nello sport ma soprattutto nella vita quotidiana. Ho iniziato con Nicoletta Romanazzi grazie al mio agente Alessandro Lucci, stavo attraversando un periodo delicato, stavo pensando di smettere di giocare a calcio dopo tanti infortuni e non trovavo più la felicità nel giocare. Alessandro Lucci mi disse: ‘Appoggio questa tua scelta, datti una possibilità e fai una chiacchierata con Nicoletta Romanazzi’. Da quel giorno è iniziato un viaggio, un sentiero. Ho imparato a conoscermi, so bene quello di cui ho bisogno, so come trovare l’equilibrio. Nicoletta riesce spesso a trovare la chiave di volta per sbloccarmi e permettermi di essere il più performante possibile nello sport e nella vita”.
Le differenze tra passato e presente
Il portiere bianconero ha evidenziato come la società sia attenta a questi aspetti, mettendo a disposizione della squadra e del settore giovanile figure professionali di alto livello. “La Juve mette a nostra disposizione Beppe Vercelli. Lui è un grandissimo psicologo“, ha affermato Perin, confermando l’impegno del club nel fornire un supporto completo ai propri atleti. Perin ha anche lanciato una riflessione sulla moderna vita di spogliatoio, notando una diminuzione dell’empatia e del dialogo tra compagni rispetto al passato: “La parola è una magia. Uno dei problemi della società moderna è che siamo meno empatici e dialoghiamo meno, i non detti creano frizioni, poi allontanamenti. Lo stesso vale nello spogliatoio. C’è stato un grandissimo passo indietro. Quando ho iniziato giocavo con gente del 74-75-76, ora del 2005, 2006… c’è stato un grande passo indietro dello standing umano. Adesso si fa fatica a trovare il tempo e il momento per dialogare tra noi compagni, per condividere gli stati d’animo. Anche solo, beviamo un caffè insieme. Oggi stiamo perdendo dialogo ed empatia tra di noi”.




